Infortuni sul lavoro

L’azienda è sempre responsabile per gli incidenti avvenuti nel corso dell’orario di lavoro, salvo si dimostri un comportamento abnorme del dipendente, ossia assolutamente imprevedibile.

Prevenzione degli infortuni sul lavoro

Le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la funzione primaria di evitare che si verifichino incidenti collegati all’esercizio dell’attività lavorativa che possano pregiudicare l’incolumità fisica dei dipendenti. La regola generale vuole che, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuale distrazione, imprudenza e disattenzione del lavoratore subordinato, a risponderne è sempre il datore di lavoro. Datore che è chiamato a prevenire la possibilità che un proprio dipendente possa perdere la concentrazione o, magari, violare una delle regole di prudenza imposte dall’azienda. Il semplice fatto di aver previsto come obbligatori alcuni comportamenti nel regolamento aziendale, a tutela della stessa sicurezza dei lavoratori, non esclude quindi la responsabilità dell’imprenditore. Sono questi i principi sanciti più volte dalla Cassazione. Insomma, in materia di infortuni sul lavoro non è azzardato dire che il dipendente ha sempre il coltello dalla parte del manico; per cui, se un lavoratore si fa male nell’esercizio delle proprie funzioni spetta al datore dimostrare che l’infortunio è stato determinato da una condotta «abnorme» dell’infortunato, ossia talmente inconcepibile e frutto di audacia e temerarietà che non poteva essere nemmeno preventivata. Solo in questo caso il datore si salva dall’obbligo di risarcimento e dalla eventuale responsabilità penale [1].

 

Responsabilità civile penale del datore di lavoro

In base al codice civile, il datore di lavoro, nell’esercizio della sua impresa, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, previste dalla normativa in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per essere esentato da responsabilità nel caso di infortunio sul lavoro, il datore di lavoro deve dimostrare di avere:

  • messo a disposizione del lavoratore strumenti idonei a prevenire il sinistro;
  • sorvegliato e preso le opportune misure antinfortunistiche.

Il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio capitato al lavoratore quando omette di adottare le idonee misure protettive, oppure non accerta e vigila che il lavoratore effettivamente utilizzi tali misure. Il datore è esente da responsabilità solo quando la condotta del lavoratore presenta i caratteri dell’abnormitàinopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento

Cosa si considera «comportamento abnorme»? È considerata abnorme la condotta non prevedibile dal datore di lavoro, anche se posta in essere nello svolgimento delle mansioni.

La responsabilità penale del datore di lavoro per i reati di omicidio colposo o lesioni colpose commesse da suoi organi di vertice con violazione della normativa in materia di sicurezza o igiene del lavoro potrà essere esclusa soltanto dimostrando l’adozione ed efficace attuazione di modelli organizzativi e l’attribuzione ad un organismo autonomo del potere di vigilanza sul funzionamento, l’aggiornamento e l’osservanza dei modelli adottati.

 

L’imprudenza del lavoratore non esclude la colpa del capo

Le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Inoltre, secondo la Cassazione, un eventuale concorso di colpa del lavoratore non esclude la responsabilità dell’addetto alla sicurezza del cantiere per aver violato le prescrizioni di sicurezza previste dalla legge.

La Cassazione ha affermato [2] che «nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quanto questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente». Inoltre osserva la Corte che le norme antinfortunistiche devono garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, infatti gli obblighi di vigilanza del datore di lavoro sono funzionali anche rispetto al possibile comportamento negligente o imprudente del lavoratore . Può escludersi la responsabilità del datore di lavoro solo ove sia provata l’abnormità del comportamento che ha causato l’evento. Infine, secondo la Suprema Corte, in ogni caso l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non giustificherebbe il mancato rispetto dell’obbligo di sicurezza in violazione delle norme antinfortunistiche.

Quando il dipendente è responsabile dell’infortunio sul lavoro

Abbiamo detto che, se di norma il lavoratore che subisce un infortunio sul lavoro ha diritto ad essere risarcito, tuttavia se il datore di lavoro riesce a dimostrare che l’incidente è stato causato da un comportamento abnorme di questi, non gli è dovuto alcun indennizzo. I giudici si sono dati animo di spiegare cosa si debba intendere per «comportamento abnorme».

Secondo il costante orientamento degli Ermellini, incombe sul lavoratore l’onere di provare di aver subito un danno e il nesso causale con lo svolgimento della prestazione. Dimostrate tali circostanze grava sul datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie a impedire il verificarsi del danno.

Di recente la Cassazione ha detto [3] che Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono diretti a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a imperizia, negligenza e imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti o vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore. La condotta di quest’ultimo può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, dell’inopinabilità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute. A questo fine è necessaria una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e con essa dall’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere.

 

note

 [1] In particolare l’individualizzazione della responsabilità penale impone di verificare non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l’evento e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare, ma anche se l’autore della stessa potesse prevedere, in anticipo, quello specifico sviluppo ed attivarsi per evitarlo.

In materia di responsabilità dell’ente ex art. 25-septies del D.lgs33+. 231/2001, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dei presidi di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale.

[2] Cass. sent. n. 48951/17 del 25.10.2017.

[3] Cass. ord. n. 29115/17.

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